Solo le idee combattono le idee

(con happy ending)

antonio massara

Nel giro di quindi giorni, con in mezzo la strage di Parigi, mi sono imbattuto nell’intervista ad Alessandro Baricco sul tema “All’Europa manca una narrazione, manca il sequel”;

e questo bell’articolo di Loretta Napoleoni sul suo blog ne Il Fatto Quotidiano,

Singolare come la stessa idea circoli in due cervelli davvero diversi, un narratore che dirige una scuola di cultura e una economista controcorrente:

Forse a voi sembrerà che questi due dicano cose diverse, ma vi assicuro che è la stessa identica cosa: l’Europa non è più un’idea perchè non si è immaginata la sua storia futura, e non c’è modo di combattere l’Isis senza nuove belle storie di tutto il resto del mondo.

Qui bisogna stare attenti: intendo “storia” nel significato proprio della parola. Nel nostro lessico quotidiano per “storia” intendiamo una frottola. A tanto siamo arrivati a furia di sentirle.
No.
Io qui intendo proprio la narrazione di una storia da cui scaturisca un’ideale condivisibile e appassionante del passato e del futuro dell’Europa e della cultura occidentale. Tanto appassionante e verace da vincere qualsiasi altra fandonia economica, sociale, culturale e religiosa.

La Napoleoni si azzarda a paragonare l’attuale mancanza di un’idea “contro l’Isis” con la terribile mancanza di buone storie che ci fu nei nostri anni di piombo.

Io c’ero, e mi ricordo.

Poteva la Democrazia Cristiana e il Potere di Giulio Andreotti proporre un modello, una storia, un’idea, che fosse anche solo un poco interessante come quell’ideologia comunista che pervase la nostra cultura, la vita e quotidianità, come uno tsunami, e lì rimase per decenni a fomentare le teste calde?

No, non c’era nessuna idea al di fuori di sparuti gruppi di nostalgici del fez e di faccetta nera (troppo fuori di testa) e qualche generale prossimo alla pensione. Il resto era il dio denaro che saltava fuori dappertutto, tanto per cambiare, e tuttavia anche questa era una troppo debole motivazione contro l’ideale supremo, gioioso e condivisibile, del potere ai popoli.

Ero ragazzo ed ero in provincia di Genova a fare il Liceo. Mi ricordo che sugli autobus, sui treni, nei bar, la gente diceva: certo, stanno esagerando, ma qualcuno doveva pur fare qualcosa. E sono sicuro che, in quegli anni, molti di quelli che conoscevo essere comunisti fino al midollo avrebbero saputo come aiutare la polizia con un indizio, un nome, un portone dietro cui si nascondeva qualche brigatista con la pistola. E non lo fecero perchè “qualcuno doveva fare qualcosa”. Non c’era nessun complotto, nessuna copertura: la gente non vedeva. Non doveva neanche girare la testa dall’altra parte: era semplicemente tanto ubriacata dall’idea comunista da non vedere, ed eventualmente negare, la più pura evidenza della follia dell’idea fatta ideologia.

L’idea comunista era dilagata, incontrastata, nelle menti di decine di milioni di persone, a dispetto e nonostante tutti gli Arcipelago Gulag che furono pubblicati, in tutte le lingue. Al massimo gli ubriachi di comunismo ammettevano che quello era il socialismo reale, ben diverso da quello “ideale”. Arthur Koestler, che c’era passato e aveva aperto gli occhi, denunciò il

“Buio a Mezzogiorno” ma si pensò che fosse pura fantascienza, come “1984” che adesso si insegna a scuola, come metafora del potere della televisione e non del potere delle idee.

La scienza sospetta da decenni che l’uomo abbia un cervello narrativo. E’ imbevuto di storie, le proprie, quelle che racconta, inventandole, e quelle che sente, credendoci o meno, ma comunque appassionandosi. Le cerca per sapere perchè diavolo siamo arrivati su questa landa desolata, nudi e piccini, e dobbiamo lottare fino alla morte. Che ci facciamo qui? Eterna domanda.

Del potere delle storie si sa dai tempi di Socrate, di Aristotele, delle Piramidi Inca da cui si estraevano i cuori palpitanti di uomini condannati, per dimostrare il potere dell’ordine costituito. La massima dimostrazione del potere delle storie si è realizzata col nazionalsocialismo e la notte dei cristalli. Lo conoscevano anche tutti, durante la seconda guerra mondiale, quando le varie radio Londra e Radio Berlino facevano a gara per raccontare panzane.

Lo conoscono tutti i truffatori, i venditori e gli illusi del mondo. Jeff Skilling, amministratore delegato di Enron, il più grande truffatore del XX secolo, ha usato il potere delle storie per truffare Wall Street, il luogo in cui si concentrano i più grandi furbi del pianeta, quelli che le sparano proprio grosse, presi per il naso da uno più bravo di loro.

E che dire di tutti i mariti che tornano a casa dalla moglie dopo essere stati a letto con l’amante? E che dire di tutti gli innamorati che raccontano storie meravigliose di un radioso futuro alle prossime mogli/compagne destinandole al solito tran tran pantofolaio di un impiego in banca e partita di calcio la domenica?

Eppure quando nei miei corsi sulla rivoluzione web faccio vedere questo video

tutti restano basiti. Sembra di leggergli nella mente una frase semplice e chiara:

ma com’è possibile che siamo così fessi?

Non vediamo triangolini che per pochi istanti e subito tutto il video si trasforma in una storia, per alcuni di violenza, per altri di amore contrastato. Sempre e solo una storia.

Ebbene, quel video è stato girato nel 1944, e da allora si è scoperto ben poco d’altro. La scienza non si occupa di quel che fa il più sofisticato elaboratore di informazioni mai creato nell’universo, il cervello.

Il semplice fatto (incontrovertibile) è che siamo storie, facciamo le cose per la loro storia e c’infarciamo di storie. E non esiste nessuna idea senza una storia. Abbiamo un cervello narrativo che decide sulla base delle idee e delle emozioni, con buona pace di tutti gli illusi cartesiani degli ultimi secoli.

Provate a immaginare un cervello senza idee e senza storie: io non ci riesco, e quel che riesco a intravedere è un immediato suicidio. Come si fa infatti ad alzarsi tutte le mattine con la speranza di portare a casa una pagnotta se non per le storie di qualcuno che ce la fa, ogni mattina? Con le disgrazie che dobbiamo subire in numero e ordine infinitamente maggiore dei pochi momenti di bellezza e felicità che riusciamo a vivere, chi ce lo farebbe fare ad alzarsi la mattina se non per l’esistenza di storie credibili di gente che ce l’ha fatta?

Se il cervello è narrativo e se, com’è lampante, esistono oggi mezzi di comunicazione incomparabilmente più potenti, per la massa e per il singolo, rispetto alle Piramidi Incas, ne segue che un’idea va combattuta con altre idee contenute in meravigliose storie.

Innanzitutto con la molteplicità delle idee; molte ne esistono e moltissime coesistono. Averne consapevolezza e conoscenza implica anche rispettarle proprio perchè sono importantissime per la gente che le ha in testa. Se rispetti un uomo devi rispettare la storia che ha in testa. E se rispetti le storie, ti verrà anche più facile rispettare e conoscere gli uomini, perchè ne potrai intuire la cultura e quindi le scelte che farà.

La logica conseguenza è ciò che dicono la Napoleoni e Baricco: solo una nuova storia e una nuova idea può sconfiggere l’Isis.

Si, ma quale?

Non c’è.

Baricco lo dice a chiare lettere.
Non c’è una storia sul futuro dell’Europa, del cosa stiamo facendo qui e perchè. Non c’è un’idea che ci accomuni tutti, a prescindere dalla lingua e dalla religione.

Pretendiamo che sia la moneta unica? Sarebbe ridicolo. Eppure è l’unica cosa che si sono inventati gli uomini di stato europei negli ultimi diciotto anni per convincerci che questo sia il migliore dei mondi possibili. Un’idea infelice come quella di vendere le indulgenze, che scatenò la riforma protestante, con una scia di milioni di morti. Sempre gli stessi errori? Miopia, ignoranza, povertà intellettuale dei signori che eleggiamo alle massime cariche dello Stato: è colpa nostra.

Dove trovare la nuova storia intrisa di nuove (vecchie) idee per sconfiggere la follia dell’Isis?

In rete, ovviamente. Ecco perchè la Napoleoni ha ragione: abbiamo bisogno della rete, che l’Isis usa così bene, per sconfiggerlo.

Ci sono milioni di autori che raccontano storie. Decine di centinaia di registi pronti a fare arte con le storie e smuovere le coscienze, di qua e di là.
Negletti, derisi, affamati.

Alcuni performer emergono nei talent show, tristi agglomerati di casi umani devastati, in procinto di ottenere cinque minuti di gloria.

Gli editori pubblicano tonnellate di ciarpame, incapaci di scovare nuovi veri talenti narrativi, ostacolando l’emergere del libro digitale per pura convenienza economica, gli stessi libri digitali che l’Isis pare pubblichi con generosità.

Ma c’è di più.

Il nostro sistema di idee e storie politicamente accettabili è votato al più delirante status quo. Ogni voce davvero originale viene zittita e messa al bando come semplice frutto di una mente malata. Le idee nuove sono espresse da pazzi. Il sistema rifiuta ogni idea alternativa e la relega all’ospedale psichiatrico.

Vi potrei fare innumerevoli esempi.

Ma voglio stupirvi e affascinarvi.

Vi racconterò una favola.

S’intitola “Piovono soldi”

Dalle parti di Bruxelles c’è un palazzo da cui piovono soldi.
Dall’ultimo piano del gigantesco Palazzo della BCE, ogni giorno si aprono le finestre e piovono miliardi di euro in moneta nuova, fresca, di tanto in tanto dipinta con colori diversi.

Un gruppo di ricconi allora si è dato da fare per costruire un tetto, proprio sopra il secondo piano: raccoglie tutti i soldi che piovono giù. Li contano, ne fanno delle belle mazzette e ne riempiono i loro salvadanai. Banchieri, finanzieri, agenti di borsa ne hanno le tasche piene, traboccanti. Ma guai a perdere una sola banconota, svolazzante nel vento. Subito arriva un finanziere a sottrarti quell’unica banconota che piovuta giù dal cielo ti è arrivata davanti ai piedi e d’istinto, proprio tu che ne hai tanto bisogno, ti sei chinato per raccogliere.

Un bel giorno Hans, con i suoi riccioli biondi, il corpo atletico e dei profondissimi occhi blu, comincia a raccontare una bella storia al popolo che vive sotto il tetto. Poi organizza un flashmob durante una festa lunare e, tra scherzi e lazzi, una decina di buontemponi decide di demolire con i picconi il tetto dei banchieri.

D’improvviso si raduna una folla oceanica: “piovono soldi!” è la voce che si sparge da ogni dove e subito i treni e le autostrade verso Bruxelles si riempiono di uomini, donne e bambini (cani persino) diretti alla manna dal cielo che cade dal palazzo.

Di botto l’economia riparte, i negozi si svuotano, la gente compra tutto quello che gli serve, la disoccupazione diminuisce di schianto e tutti al lavoro, a vendere e comprare, a mangiare gelati e spaghetti al tartufo, a scrivere e raccontare, a fare film, programmi televisivi e canzoni.

Allora all’ultimo piano del palazzo finalmente a qualcuno viene un’idea: e se portassimo tutti gli immigrati con i traghetti direttamente dalla Libia, dalla Turchia, dal Libano e dalla Somalia, dall’Africa tutta; e se appena sbarcati gli dessimo un bel pacco di banconote fresche fresche, tutte belle colorate, che succederebbe?

Il Presidente guarda il sognatore con occhio accusatore. Ma poi la folle idea prende posto nelle menti asfittiche: ma certo! Finirebbe la crisi, l’economia si riavvierebbe, il debito pubblico … eccetera eccetera.

A quel punto, detto fatto, vengono affittate tutte le navi crociera disponibili e di lì a qualche giorno 45 milioni di persone sbarcano sulle coste dell’Italia.

I nuovi ospiti sono sbigottiti: lasciano il deserto e sbarcano su una terra verde, piena d’acqua, in cui c’è anche tanto lavoro da fare: spazzare, ripulire, mettere in ordine e occuparsi di 30 milioni di anziani pensionati.

Le case si riaprono, partono gli affitti. Le auto si vendono, si rifanno le strade. E a quel punto anche il famoso ponte sullo stretto qualcuno dice che si farà, davvero.

La crisi è finita, andate in pace.

Bella favola, vero?
Ma perchè, è una favola?
A me non pare.
Diciamo che è un’idea.

Da manicomio oggi, da film domani, realtà dopodomani, speriamo non dopo un po’ di guerra civile che nessuno vuole ma tutti fanno per convincere quattro scagnozzi a togliere quel cribbio di tetto e far piovere i soldi sulla gente, che dalla Borsa e dalle banche non è mai venuto nulla di buono.

Basterebbe raccontarla bene e voilà, il gioco è fatto. Sconfitto l’Isis col puro divertimento di essere tutti nella stessa barca, lanciata a folle velocità nel cosmo infinito, il nostro pianeta Terra.

Eh si, proprio una bella favola.

Ma perchè, ci vuole proprio la prima guerra civile planetaria per far piovere i soldi dai conti bancari a quelli della gente? E perchè, che ci vuole ad aprire le porte per far volare l’economia?

Niente.

Solo un’idea e una bella storia.

Solo le idee combattono le idee
  1. Section 1